LUOGO: SERRAMONACESCA (PE) – ABBAZIA DI S. LIBERATORE / Il nome del parco in cui si trova la chiesa deriverebbe secondo alcuni dalla Dea Maia, la dea madre, secondo altri dal “majo” rimasto fino ad oggi perché tramandato con un rituale che, come tanti caratteristici del nostro paese, sconfinano tra il pagano e il cristiano.
UN LUOGO IMMERSO NEL SACRO BOSCO DELLA DEA MAIA
ARTICOLO E FOTOGRAFIE / Fabio Ponzo
__________________________
CATEGORIE
Provincia di Pescara
Animali / leone uccelli
Animali Mitologici / grifone
Croci
Femminino sacro / Dea Maja
Fiore della vita
Necropoli
Religioni / Paganesimo
(c) articolo di Isabella Dalla Vecchia – info@luoghimisteriosi.it
(c) Fotografie di Fabio Ponzo – prometeo82magicstar@live.it
I capitoli di questa scheda sono:
• La Dea Maia e il Majo
• La posizione dei piedi a “squadra”
• Un’abbazia molto antica
• Le tombe rupestri dei monaci
• Le croci e il fiore della vita
Video realizzato dallo staff di Luoghi Misteriosi (riprese Fabio Ponzo, montaggio video Isabella Dalla Vecchia, voce Sergio Succu)
La Dea Maia e il Majo
L’Abbazia di San Liberatore è uno dei più antichi monasteri benedettini abruzzesi e si trova a Serramonacesca, che deriva dal toponimo “serra dei monaci“, luogo che evoca un ambiente onirico e sacro immerso nella selva. Qui infatti erano coltivati alcuni orti (serre) dai monaci e dagli abitanti del borgo. Immersa all’interno del Parco Nazionale della Majella, sembra un piccolo scrigno che conserva innumerevoli tesori, costruito con la pietra calcarea della Majella.
Il nome del parco deriverebbe secondo alcuni dalla Dea Maia, la dea madre, secondo altri dal “majo” rimasto fino ad oggi perchè tramandato con un rituale che, come tanti caratteristici del nostro paese, sconfinano tra il pagano e il cristiano.
“Majo”, letteralmente significherebbe “omaggio”, un rito in onore di Sant’Antonio da Padova e di Cristo Liberatore eseguito nella prima e nella terza domenica di settembre.
Vengono addobbati alcuni rami di alberi con frutta, dolci, brocche di vino, portati in processione e venduti al miglior offerente. Il ricavato viene interamente donato al santo.
La posizione dei piedi a “squadra”
Un rituale antico tanto quanto la bellissima abbazia, fondata su una precedente ancora più antica che verrebbe fatta risalire all’opera di Carlo Magno. Abbiamo di lui un affresco molto particolare; secondo Fabio Ponzo, Carlo Magno verrebbe raffigurato con i piedi posizionati “a squadra”; simbolo che in qualche modo ricorda la Massoneria.
Carlo Magno con i piedi posizionati a “squadra”
“D. — Che cosa vi ha fatto fare il Primo Sorvegliante?R. — Dopo avermi tolto la benda, ubbidendo all’ordine ricevuto, mi ha fatto mettere i piedi a squadra e mi ha fatto avvicinare al Venerabile con tre grandi passi.D. — Perché vi ha fatto mettere i piedi a squadra e fare tre grandi passi?R. — Per indicarmi la via che devo seguire, e il modo in cui marciano gli appendisti del nostro Ordine.
D. – – Come marciano gli apprendisti dell’Ordine?R, — Per tre grandi passi a squadra da Occidente a Oriente, per andare a cercare i primi raggi della luce.D. — Come si perviene al trono d’Oriente?R, — Con tre passi a squadra formati dai piedi e il segno a squadra della mano destra alla gola.[…]D. — Che cosa rappresenta il segno relativo ai piedi?R. — Che ogni buon massone, quando si trova in Loggia, deve avere i piedi a squadra“.(Guillemain de Saint Victor, 1787)
Un’abbazia molto antica
Purtroppo fu devastata da un terribile terremoto che colpì la zona nel 900 lasciandola in rovina. Venne ricostruita successivamente secondo diversi documenti, dal monaco Teobaldo nell’XI secolo il quale ricorderebbe le pessime condizioni su cui versava la chiesa, definendola “piccola e oscura” (il monaco è rappresentato in un affresco all’interno mentre tiene in mano la chiesa con torre campanaria e portico).
E’ ben visibile un campanile a base quadrata esteso su tre piani suddivisi a scalare da monofore, bifore e trifore, soluzione architettonica con l’obiettivo sia di snellire il peso della struttura sia a creare lo slancio per via dell’apertura delle finestre mano a mano che si raggiunge il cielo.
La facciata in pietra bianca locale è in stile romanico e conserva alcuni bassorilievi interessanti. Sull’architrave del portale laterale due felini si affrontano, invece sull’archivolto si presentano due ghiere decorate a palmette in stile orientale.
Sulla porta d’ingresso sono presenti alcuni fiori in altorilievo.
L’interno è a tre navate culminanti in tre absidi, è presente un bellissimo pavimento a mosaico eseguito da alcune maestranze cosmatesche del 1200.
Interessante l’ambone ricco di bassorilievi di animali e vegetali. E’ ben visibile un grifo dalla cui bocca esce uno stelo culminante in due rose e accanto due uccelli che beccano un frutto.
Nella fascia sottostante figure zoomorfe reali o immaginarie tipiche del bestiario medievale.
Le tombe rupestri dei monaci
Accanto all’abbazia fanno misteriosa presenza alcune tombe rupestri dal fascino antico e enigmatico.
Completamente immerse nella vegetazione e caratterizzate da alcuni tratti di sorgenti, risalirebbero al VIII-IX secolo, ma tutt’oggi ancora adagiate nel silenzio interrotto solo dal rumore dell’acqua e degli animali del bosco.
Quattro piccole nicchie aprono le pareti rocciose, una cappella aveva lo scopo di rendere questo luogo ancora più sacro. Avrebbero ospitato i corpi dei monaci seppelliti qui, in un luogo incontaminato, dove avrebbero pregato per l’eternità.
Le croci e il fiore della vita
INFO UTILI
Per visite ed informazioni rivolgersi al Rettore dell’Abbazia di San Liberatore a Majella (tel. 3382727065 oppure 085.859279)