L’AMORE SECONDO GLI ANTICHI


ARTICOLO  / Nicola Maria Camerlengo

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05/07/2024

Il termine italiano amore entra nella lingua italiana a partire dal XIII secolo, derivando dal termine latino amore(m) (nominativo amor), a sua volta derivato dal latino amare. Il termine amare, il quale risulta connesso con il latino amma (mamma), o anche amita (zia), può avere quindi la sua possibile origine dal linguaggio infantile. Un’altra possibile origine fa derivare il lemma latino dal protoitalico *ama e quindi dal protoindoeuropeo *h3mh3, col significato di “prendere, tenere”, evolvendo in “prendere la mano di”, quindi legarsi in amicizia (da qui anche il latino amicus, amica, amasius); quindi corrispondente al sanscrito amánti, amīṣi, col medesimo significato, e all’antico avestico əma.

All’interno delle relazioni che l’individuo intrattiene col proprio ambiente, l’amore si può classificare attraverso differenti manifestazioni:

  1. Amore di sé – il sano amor proprio. Appare come condizione di autostima, ma non deve esser confuso col narcisismo che sfocia nell’egocentrismo. Per il buddhismo, che qualifica l’ego come un’illusione della nostra mente, il vero amore, ossia la compassione, esiste solo quando viene diretto verso un’altra persona, non a sé stessi. Per la psicoanalisi invece, che si trova completamente opposta al buddhismo, l’ego viene definito come l’unica realtà, l’amore è sempre auto-personale, che può svilupparsi in una forma sana o malsana a seconda dei casi;
  2. Amore incondizionato – amore altruistico e compassionevole, professato senza aspettarsi nulla in contraccambio. Corrisponde all’amore spirituale predicato dalle varie religioni;
  3. Amore filiale e fraterno – tra discendenti e antenati (familiare, parentale);
  4. Amicizia- sentimento che nasce dalla necessità provata dagli esseri umani di socializzare tra loro;
  5. Amore romantico- un sentimento che in un certo grado idealizza la persona amata, soggetta all’aspettativa amorosa;
  6. Amore sessuale – prodotto dal desiderio sessuale verso l’altro;
  7. Amore platonico- concetto filosofico che innalza l’amore alla contemplazione della bellezza, alla conoscenza pura e disinteressata. Poi successivamente interpretato dai Neoplatonici del ‘500 come amore filosofico nei confronti di una persona;
  8. Amore per la Natura- coinvolge un sentimento di protezione verso il mondo vegetale ed animale;
  9. Amore per qualcosa di astratto o inanimato – un oggetto fisico, un’idea, ma anche un obiettivo ideale (amor di patria o patriottismo) e può essere associato con l’eroismo; in quest’ultimo caso costituisce una forma di altruismo nei confronti del proprio gruppo;
  10. Amore per Dio – devozione, si basa sulla fede religiosa;
  11. Amore universale – spiritualità in senso lato, corrispondente all’esperienza data dal misticismo (estasi, illuminazione, nirvana).

FILOSOFIA

Per quanto in generale il concetto di amore non sia uno dei più frequentati dalla filosofia, esso riveste un’importanza notevole nella sua storia. Il primo pensatore a porre esplicitamente il concetto è Empedocle, nel suo vedere il divenire determinato dalla dialettica amore/odio, visti come fattori cosmologici primari: le due forze opposte dell’Essere, con l’idea di unità e fusione che sottende al suo concetto di amore. Platone trasferisce invece il concetto dalla cosmologia alla metafisica, come aspirazione e tensione verso il divino Bene da cui dipendono le Idee come suoi attributi. Questo mondo divino (iperuranio) come mondo delle Idee è l’oggetto cognitivo delle anime individuali, frammenti dell’Anima del mondo scesi nell’umano. Il tema dell’amore viene presentato, in chiave più umana, nel Simposio, nel Fedro e anche nello Ione. Nel Simposio l’amore viene immaginato come desiderio nei confronti dell’Unità originaria, questo nell’intervento di Aristofane; in quello di Socrate invece amore è detto figlio di Penia-privazione e Poros-risorsa: amare è desiderare ciò che non abbiamo, a differenza del bisogno è una radicale insoddisfazione. Ma è anche ricco di risorse, fecondo non nel possesso bensì nella creatività e pertanto fonte di novità imprevedibile; cerca infine la contemplazione nella bellezza assoluta. Aristotele concettualizza la differenza tra eros e philia; la philia ideale è quando non ci uniamo da interesse o piacere, ma come ricerca del bene degli altri senza attenderci nulla in cambio; il filosofo introduce inoltre l’idea di conflitto tra amore di sé e amore per gli altri. Si risolve tuttavia l’opposizione nell’armonia, con l’altro che si fa alter ego, un altro io. Questa impostazione si coniuga poi con la teologia cristiana, trovandovi rispondenza e riformulazione, avendo nel platonico Agostino di Ippona il suo estensore, ma con una inversione di direzione, poiché se in Platone l’amore è movimento dall’uomo a Dio, per Sant’Agostino è da Dio all’uomo. Tommaso d’Aquino, che segue Aristotele, definisce l’amore come “volere il bene di un altro” (Summa I-II, 26, 4). In Spinoza l’amore torna a essere movimento “verso Dio”, come unità-totalità perfetta e compiuta, da parte delle menti umane quali parti “pensanti” verso Dio quale suprema “Cosa Pensante”. Gottfried Leibniz ci dice che l’amore è “essere deliziati dalla felicità di un altro”.

AMORE PER I GRECI

  1. EROS = Non potevamo che iniziare dall’esempio di amore per antonomasia: l’eros, traducibile con quella passione, desiderio e brama ardente di cui, nell’antichità, era portatore Eros, dio alato dalle sembianze di fanciullo figlio di Afrodite e Ares. È l’amore che brucia il cuore e infiamma lo spirito degli innamorati e confluisce nel rapporto carnale;
  2. PHILIA = Per diffusione del vocabolo e significato, spesso si vede nell’eros una generalizzazione dell’amore, ma come constatato prima esso non è che una minima parte. La più alta forma di amore era infatti considerata la philia, ovvero l’amicizia. Questo vocabolo così delicato racconta dell’amore fraterno che due individui possono provare l’uno per l’altro. Era simbolo di uno dei legami più sacri che potesse instaurarsi tra due persone, in quanto indicava una comunità di intenti, pensieri e conoscenza fuori dal comune;
  3. AGAPE = Dall’umano al divino: con l’agape entriamo nell’ottica dell’amore come affezione o dell’io come oggetto di amore. Quello che la parola tratteggia non è più un rapporto tra individui su uno stesso piano, ma si trasfigura nell’amore che Dio prova per l’umanità. In latino si traduce nella Caritas cristiana;
  4. STORGE = Amore, tenerezza, affetto. Tre parole che incapsulano splendidamente il significato cardine di questo vocabolo: l’amore famigliare. La parola storge può indicare sia l’amore filiale sia l’amore di un genitore per i propri figli. Rappresenta i sentimenti naturali e istintivi che proviamo per i membri della nostra famiglia;
  5. PHILAUTIA = Per amare gli altri dobbiamo imparare ad amare noi stessi. La philautia indica quell’amore per sé stessi che, come insegna Aristotele, ha un’accezione positiva. Descrive infatti il desiderio di migliorare e migliorarsi, portandoci a volere il meglio per noi stessi e di conseguenza ispirando gli altri a volerlo per sé. È un atto di amore verso la nostra anima e il nostro io interiore;
  6. PRAGMA = Come suggerisce la parola, il pragma è un tipo di amore stabile e duraturo, sviluppatosi tra due persone che stanno insieme da molto tempo. È l’impegno e la dedizione che si mette nel mantenere in piedi una coppia, facendo maturare l’amore insieme alle persone;
  7. MANIA = È il turbinio di sentimenti che porta ad azioni estreme, che agita il cuore nel petto e ci fa essere preda delle emozioni. Di matrice negativa, è quella folle passione spesso usata anche nella descrizione di eventi o battaglie dall’alto carico emotivo, per raccontare la ferocia di una battaglia o l’infuriare delle armi tra le mani mentre si è presi dalla frenesia della guerra;
  8. CHARIS = Traducibile come favore o benevolenza nel suo significato più ampio, in senso erotico diventa l’esemplificazione della lusinga. Come dice Platone nel Fedro, la charis è la delizia dei piaceri amorosi. In sé contiene il piacere dell’anima e del corpo, creando una situazione idilliaca per gli amanti che si trovano su uno stesso piano affettivo. Senza uguaglianza tra le parti infatti la charis non avrebbe terreno fertile in cui mettere radici;
  9. POTHOS = Lo struggimento che si prova quando la persona amata è lontana è racchiuso nel pothos, il desiderio amoroso per coloro che sono distanti. Fratello di Eros, si distingue per il suo rappresentare il desiderio di amore incarnandone la dimensione più nostalgica;
  10. THELEMA = È l’amore per il proprio mestiere. A differenza degli altri non è rivolto verso una persona, ma può essere usato esclusivamente nei confronti di qualcosa che noi facciamo in prima persona. Può essere un lavoro, come la scrittura, o una passione, come la lettura o lo studio di una lingua;
  11. HIMEROS = Figlio di Afrodite, fratello di Eros e Pothos, è la personificazione del desiderio vivo. È la brama per l’altro, l’impulso che si traduce in amore folle e consumante. Ha un’accezione preponderatamente carnale e necessita dell’appagamento fisico per essere spento;
  12. ANTEROS = È l’amore reciproco tra individui, che deve essere costantemente alimentato e curato per potersi sviluppare senza appassire. Dobbiamo questo genere di amore ad Eros stesso che, secondo il mito, sembrava non riuscire a crescere. Alla madre Afrodite venne profetizzato che solo l’amore di un fratello lo avrebbe aiutato a diventare adulto, per cui la dea e Ares ebbero Antheros, simbolo di come l’amore abbia bisogno di essere reciproco per crescere;
  13. XENIA = riassume il concetto dell’ospitalità e dei rapporti tra ospite e ospitante nel mondo greco antico, della cui civiltà costituiva un aspetto di grande rilievo. Era un dovere per i Greci ospitare coloro che chiedevano ospitalità.

 

AMORE PER I ROMANI

La lingua latina possiede diversi verbi corrispondenti ad amore; amo è il suo verbo di base il cui infinito amare è ancor oggi utilizzato in lingua italiana e gli antichi lo usavano in senso affettuoso oltre che in senso romantico e sessuale. Da questo verbo deriva amans-amatore, l’amante spesso con nozione accessoria di lussuria e amica (fidanzata, ma spesso eufemisticamente applicato ad una prostituta). Il sostantivo corrispondente è amor ed il significato di questo termine per i Romani è ben illustrato nel fatto che Roma può essere un anagramma per Amor, utilizzato come nome segreto della città in ampie cerchie della popolazione durante i tempi antichi; utilizzato infine anche nella sua forma plurale per indicare amori o avventure sessuali. Questa stessa radice produce anche amicus-amico e amicitia-amicizia (spesso a base di un reciproco vantaggio, e corrispondente a volte ad un significato più vicino a quello di “indebitamento” o “influenza”). Cicerone scrisse un trattato intitolato De amicitia che discute il concetto con una certa ampiezza. Ovidio ha scritto una vera e propria guida chiamata Ars Amatoria che affronta, in profondità, tutto ciò che concerne l’amore, dalle relazioni extraconiugali al problema dato dai genitori iperprotettivi. I latini usano a volte amare per indicare ciò che piace; nozione tuttavia che viene espressa più generalmente da placere o delectare, termini questi ultimi usati in forma più colloquiale, con molta frequenza ad esempio nella poesia amorosa di Catullo. Diligere contiene invece il concetto dell’esser affettuoso come conseguenza della stima portata; questa parola descrive anche opportunamente l’amicizia che può esistere tra due uomini, cioè affetto abbinato a stima. Il sostantivo corrispondente diligentia (da cui deriva diligente) prende invece il significato di prudenza ed ha poca sovrapposizione semantica col verbo. Observare è sinonimo di diligere, questo verbo col relativo sostantivo, observantia, denota anch’esso spesso la stima e l’affetto. Il termine Caritas è usato nelle traduzioni latine della Bibbia cristiana a significare “l’amore caritatevole”; questo significato, però, non si trova nella letteratura pagana classica, poiché deriva ad una fusione con una parola greca, non c’è quindi verbo corrispondente.

CRISTIANESIMO

Per il Cristianesimo l’amore è il punto focale. Nel cristianesimo l’amore di Dio è la somma benevolenza del Signore verso le creature terrene. Secondo quanto riportato dalla Prima Lettera di Giovanni (4,16), Dio stesso è Amore. L’Amore di Dio, secondo il Cristianesimo, è in particolare Amore Misericordioso. Per i cristiani ogni gesto di Dio (Creazione, Redenzione dopo il Peccato Originale, Provvidenza verso le sue creature), è compiuto per amore. S.Paolo nella Lettera agli Efesini (2,4-5) afferma che Dio “per il grande amore, con il quale ci ha amati, ci ha fatto rivivere in Cristo”. Per il credente, l’evento centrale del Cristianesimo, cioè la morte e resurrezione di Gesù, è proprio una prova dell’amore di Dio. Nella versione della Sacra Bibbia della CEI, al posto della parola amore viene posta la parola carità. I cristiani credono che amare Dio con tutto il cuore, la forza e la mente e amare il prossimo come sé stessi siano due degli aspetti più importanti nella vita, quelli che le danno senso (i due comandamenti che riassumono gli altri) e dai quali deriva ogni altra norma morale. Questo è scritto nel Vangelo di Marco 12-,28-34. Sant’Agostino ha riassunto ciò nell’espressione “Ama Dio e fa’ ciò che vuoi”. Per Agostino: «Pondus meum amor meus, eo feror quocumque feror (“Il mio peso è il mio amore; esso mi porta dovunque mi porto.”)» (Confessioni 13, 9, 10). L’amore venne definito da Dio una delle più importanti caratteristiche per poter vivere. Scrive Paolo, nella Prima lettera ai Corinzi:

«L’amore è paziente, è benevolo; l’amore non invidia; l’amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non addebita il male, non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. L’amore non verrà mai meno.»(1cor 13:4-10.)

Con queste parole sembra aver glorificato l’amore come la più importante tra tutte le virtù. Giovanni evangelista scrisse: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna. Infatti Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma per salvare il mondo per mezzo di lui.” (Giovanni 3: 16-17) Scrisse anche, “Cari amici, amiamoci gli uni gli altri per l’amore che viene da Dio. Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore ” (1 Giovanni 4:7-8)

Per il cristiano, l’amare Dio implica quello che nel catechismo viene chiamata “l’obbedienza della fede” ovvero “obbedire («ob-audire») nella fede è sottomettersi liberamente alla parola ascoltata, perché la sua verità è garantita da Dio, il quale è la verità stessa”. Con la sua rivelazione, “Dio invisibile nel suo immenso amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi per invitarli ed ammetterli alla comunione con sé”. La risposta adeguata a questo invito è la fede. Con la fede l’uomo sottomette pienamente a Dio la propria intelligenza e la propria volontà. Con tutto il suo essere l’uomo dà il proprio assenso a Dio rivelatore.

Molti teologi cristiani ritengono che l’amore degli uomini per le altre creature (e per Dio stesso) sia derivato direttamente da quello di Dio e che da esso derivi inoltre l’amore per tutto il creato. Secondo il Vangelo di Giovanni gli uomini amano il prossimo in Dio e Dio nel prossimo. In ogni essere umano c’è la presenza viva di Dio (in quanto creato a Sua immagine) che spinge chi Lo ama ad amare inevitabilmente ogni uomo. Nel Vangelo di Matteo (Parabola del Giudizio Universale 25,31-46), Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, afferma che tutto ciò che è stato fatto o che non è stato fatto a un fratello più “piccolo” (cioè a un essere umano) è stato o non è stato fatto a lui. Gesù afferma anche che l’impulso l’amore del prossimo debbono essere universali, senza discriminazioni tra persone buone e cattive (5,38-48, 6,27-35), pur nella difficoltà che ciò può richiedere (10,16-18).

Agostino d’Ippona dice che si deve essere in grado di decifrare la differenza tra amore e lussuria e prosegue affermando “ero innamorato dell’amore”. Nelle Confessioni afferma che l’unico che può amare veramente e pienamente è Dio, perché l’amore con un essere umano permette solo di sviluppare difetti quali “la gelosia, il sospetto, la paura, la rabbia, e la contesa; invece amare Dio è invece raggiungere la pace. Per Tommaso d’Aquino l’amore è dono, gratuità e fedeltà. Secondo papa Benedetto XVI, nella sua prima Enciclica (Deus caritas est), interamente dedicata all’amore cristiano, l’amore cristiano è per i cattolici unione di eros e agape, cioè di passione e sentimento (carità), diretto verso Dio e verso i fratelli. Eros senza agape sarebbe puro istinto sessuale, agape senza eros toglierebbe alla carità quella spinta impulsiva di carità verso gli altri. Comunque nella religione cristiana, l’amore ha una grande importanza, in quanto è anche il fondamento di uno dei sette sacramenti: il matrimonio; a tal proposito Gesù, commentando i testi della Genesi relativi all’unione fra un uomo e una donna, disse anche: “Quello dunque che Dio ha unito, l’uomo non separi” (19,3-12), riferendosi all’adulterio e al divorzio, che costituiscono un ripudio dell’amore e della persona amata (5,27-28 e 5,31-32).

L’amore cristiano si manifesta intensamente nel perdono dei torti e dei peccati, e per questo si parla in particolare di Amore Misericordioso: Dio dona gratuitamente il perdono dei peccati all’uomo che vuole pentirsi dei propri errori e con Lui si riconcilia; l’uomo, a sua volta, perdona di cuore i propri fratelli (gli altri uomini) ogni volta che subisce un torto, qualunque sia la sua gravità o la sua frequenza (facendo talvolta ricorso alla preghiera per ricevere da Dio l’aiuto, gratuito, della capacità di perdonare torti apparentemente imperdonabili) (6,14-15, 18,21-35). Esemplare è infine la parabola del buon Samaritano (Vangelo di Matteo, 5, 44 e Luca, 10, 29-40). Patrono degli innamorati per i cristiani è san Valentino e il 14 febbraio viene festeggiata questa ricorrenza (festività che ha ormai superato i confini religiosi ed è festeggiato in quasi tutto il mondo).

EBRAISMO

L’ebraismo impiega una vasta definizione d’amore, sia tra le persone sia tra la persona umana e il Signore. La Torah (Pentateuco) dice “ama il prossimo tuo come te stesso” (Levitico 19.18). Un individuo deve amare il Signore “con tutto il tuo cuore, tutta la tua anima, tutti i tuoi possedimenti” (Deuteronomio), 6.5 (vedi anche Shemà). La letteratura rabbinica differisce su come l’amore possa esser sviluppato, e su come contemplare i beni divini e le meraviglie della natura. L’amore coniugale è considerato un elemento essenziale per la vita: “guarda la vita con la moglie che tu ami” (Ecclesiaste 9.9). Il testo biblico del Cantico dei Cantici è considerato una metafora romantica dell’amore di Dio verso il suo popolo. Il rabbino Eliyahu Eliezer Dessler è invece noto per aver definito l’amore secondo la concezione ebraica come “dare senza aspettarsi di ricevere”. L’amore romantico di per sé ha poche citazioni nella letteratura ebraica, sebbene il rabbino medievale Judah Halevi scrisse poesie romantiche in arabo durante la giovinezza.

ISLAM

Nel Corano c’è scritto “Chi non prova affetto non riceverà affetto”. Ishq, o amore divino, è parola d’ordine del sufismo nella tradizione islamica. I praticanti del Sufismo credono che l’amore sia una proiezione dell’essenza di Dio con l’universo; Dio desidera riconoscere la bellezza, è come quando ci si guarda in uno specchio per vedere sé stessi.

GNOSTICISMO

L’amore, in sé, proviene dall’ignoto del nostro Essere. Voglio dire con enfasi che dentro di noi, lì nelle profondità più intime, possediamo il nostro Essere. Ha caratteristiche trascendentali di eternità, questo è il divino in noi. L’amore è la forza che emana proprio quel prototipo divino, esistente nelle profondità della nostra coscienza. È un tipo di energia speciale capace di realizzare prodigi. Sappiamo che Valentino era un grande illuminato, un grande Maestro nel senso più completo della parola. L’amore, di per sé, è qualcosa di Divino. L’amore è la migliore religione accessibile. Ermete Trismegisto, il tre volte grande Ibis Dio Thot, disse: “Ti do l’Amore, in cui è contenuto tutto il Summum della Saggezza“. Proprio Valentino, il fondatore dell’Ordine gnostico dei Valentiniani, espresse lo stesso punto di vista: quello delle Sizygie come coppie perfette, emanate da Agnostos Theos, cioè dalla Divinità Inconoscibile, dall’Essere Inconoscibile, che è l’Assoluto, o meglio, lo Spazio Astratto Assoluto. Detto Spazio, è ovvio che è privo di ogni tipo di qualità, che è al di là di ogni possibile concezione intellettuale. È il Vuoto e il Pieno allo stesso tempo. Se dicessimo che Agnostos Theos, l’Assoluto, è solo un “vuoto” e nient’altro, non daremmo un’indicazione molto precisa. Se diciamo che Agnostos Theos è vuoto e pienezza allo stesso tempo, possiamo indicare con precisione l’Essenza stessa dell’Assoluto. Ora, penetrare in fondo a ciò che è l’Assoluto, di per sé, non è possibile con un mero ragionamento speculativo, perché si trova al di là di ogni possibile speculazione. Valido anche nel Mandeismo e nello Yazidismo (in entrambi Amore = Darsi a Dio). Manicheismo (Amore verso lo Spirito.

 

ZOROASTRISMO

  1. Buoni Pensieri;
  2. Buone Parole;
  3. Buone Opere.

TENGRISMO

  1. Esiste un unico Dio supremo, Tengri. Egli è l’inconoscibile che conosce qualsiasi cosa, motivo per cui Turchi e Mongoli dicono “Solo Tengri sa”/gagtskhuu Tenger medne/. È il Giudice delle azioni buone e malvagie delle persone, ecco perché viene detto “Tengri sarà arrabbiato se pecchi” /Tenger khilegnene/. Tengri può benedire una persona, ma anche distruggere coloro che non gli piacciono. Le sue azioni non possono essere predette, e la sua via è difficile da comprendere;
  2. Tengri è l’intelligenza e il potere dietro tutta la natura. Fondamentalmente ogni cosa è controllata da lui. Dal tempo meteorologico, al destino degli individui e delle nazioni, che è il motivo per il quale Gengis Khan disse nell’Altan Tobchi: “Non sono diventato Capo grazie al mio coraggio e alla mia forza, Sono diventato Capo grazie all’amore del nostro potente padre Tengri. Non sono diventato Grande (Khan) grazie alla mia Universale prodezza. Sono diventato Capo grazie all’amore di nostro Gran padre Tengri. Ho sconfitto nemici alieni grazie alla Grazia del nostro Gran padre Tengri”;
  3. Esistono molti altri spiriti oltre Tengri. Questi spiriti sono diversi. Possono essere buoni o malvagi o un misto dei temperamenti. Possono essere Dei residenti nell’alto del mondo celeste, spiriti malvagi erranti nel Mondo Sotterraneo, spiriti della terra, acqua, stelle e pianeti o spiriti degli antenati. Possono essere in carica di certe tribù o nazioni. Sotto Tengri questi spiriti hanno tutti influenza limitata, ma è quasi impossibile per le persone normali contattarli. Unicamente individui scelti riescono a farlo. Gli individui scelti possono anche fare le stesse cose che fanno gli spiriti, come mandare tempeste distruttive sui soldati nemici (come accade nella Storia segreta dei mongoli);
  4. Questi spiriti possono nuocere alle persone o agire come agenti nel trasmettere un messaggio o una profezia riguardo al futuro. Nella Storia segreta dei Mongoli, viene detto che gli spiriti della terra e dell’acqua della Cina settentrionale erano arrabbiati a proposito della strage della popolazione e colpirono il mongolo Ogedei Khan con una malattia che lo tenne a letto incapace di parlare. Nella Storia Segreta, uno spirito chiamato Zaarin trasmise una profezia riguardo a Gengis Khan;
  5. Non vi è un’unica vera religione. L’umanità non ha raggiunto la piena illuminazione. Ciononostante Tengri non lascerà la colpevolezza impunita e la correttezza non compensata. Coloro onesti nello spirito e retti nel pensiero sono accettati da Tengri, persino se seguono diversa religione. Egli ha dato diversi percorsi agli uomini. Un uomo potrebbe essere buddista, cristiano o musulmano, ma solo Tengri conosce il giusto. Un uomo potrebbe cambiare la sua alleanza tribale ma rimanere comunque in piedi. I costumi tribali possono essere cambiati nel caso siano nocivi per le persone, motivo per cui Gengis Khan eliminò molti dei precedenti costumi in modo da assicurarsi un governo ordinato;
  6. Tutte le persone sono deboli e perciò le carenze dovrebbero essere tollerate. Diverse religioni e costumi dovrebbero essere tollerati. Come la vita dei nomadi, le vite delle persone sono abbastanza difficili e soggette alla pressione della natura. Nessuno è perfetto eccetto Tengri, il quale è il perché Gengis Khan disse “Se non c’è modo di prevenire l’ubriachezza, un uomo potrebbe diventare ubriaco tre volte al mese; se oltrepassa questo limite si rende colpevole di una punibile trasgressione. Se si ubriaca solo due volte il mese, è meglio. Se solo una è ancor più lodevole. Cosa potrebbe essere meglio del non bere affatto? Ma dove potremmo trovare un uomo che non beve mai? Se, però, un uomo del genere venisse trovato, meriterebbe ogni rispetto”.

INDUISMO

Nell’induismo l’amore e il piacere sensuale (Kama, personificato dal dio Kamadeva) è desiderio naturale, dono della divinità, e rappresenta uno dei quattro scopi della vita (purushārtha); “Mara” è un altro dei suoi nomi. In contrasto con il kāma, prema, o “prem”, è l’amore elevato, spirituale, divino. Karuna è la compassione misericordiosa, che spinge a contribuire a ridurre la sofferenza presente negli altri esseri. Con il termine sanscrito bhakti si intende invece la devozione amorosa nei confronti di Dio. La bhakti nel Bhāgavata Purāṇa e nelle Tulsidas viene distinta in nove forme di devozione, rivolte generalmente al dio Krisna. Il libretto Narada bhakti sutra scritto da un autore sconosciuto, ne distingue invece undici forme. In alcune sette Vaishnava (seguaci di Visnù) all’interno dell’induismo, raggiungere l’amore incondizionato e incessante di Dio è considerato l’obiettivo più importante della vita. I Gaudiya Vaishnava che adorano Krishna come la Persona Suprema e la causa di tutte le cause considerano l’Amore per Dio (Prema) agente in due modi possibili: Sambhoga e vipralambha (unione e separazione), due apparenti opposti.

Nella condizione di separazione, vi è un desiderio acuto di tornare con l’amato e nella condizione di unione v’è d’altra parte la felicità suprema e totalizzante. Il movimento Gaudiya Vaishnava ritiene che Krishna-prema (l’Amore per Dio) è una specie di fuoco atto a bruciare e gettar via i propri desideri materiali: Krsna-prema non è un’arma, ma purttuttavia trafigge il cuore. Non è l’acqua, ma purtuttavia lava via del tutto la sensazione d’orgoglio. Krishna-prema è considerato attrarre in un oceano di estasi trascendentale e di piacere in cui si “annega”. L’amore di Rādhā, la ragazza-mandriana, per Krishna è spesso citato come l’esempio supremo di amore per Dio dai Gaudiya Vaishnava. Radha è considerata la potenza interna di Krishna, ed è l’amante supremo della Divinità. Il suo esempio di amore è considerato al di là della comprensione del regno materiale in quanto supera ogni forma di amore egoistico o di lussuria che è visibile nel mondo materiale. Il reciproco amore tra Radha (l’amante supremo) e Krishna (Dio come sommamente amato) è oggetto di molte composizioni poetiche in India come la Gita Govinda e l’Hari Bhakti Shuddhodhaya.

Nella tradizione Bhakti all’interno dell’induismo, si ritiene che l’esecuzione del servizio di devozione a Dio porta allo sviluppo dell’Amore per Dio (taiche bhakti-Phale krsne prema upajaya) e come l’amore per Dio cresce nel cuore, più si diventa liberi dalla contaminazione materiale (krishna-prema asvada Haile, bhava nasa paya). Essere perfettamente in uno stato e condizione d’amore con Dio-Krishna rende perfettamente liberi da ogni “laccio terreno”. Questa è la maniera migliore di salvezza o liberazione: in questa tradizione, la salvezza o la liberazione è considerata inferiore all’Amore, solo un suo incidentale sottoprodotto. Essere assorbiti nell’amore per Dio è considerato così esser l’unica vera e sola a perfezione della vita.

BUDDHISMO

La definizione di “amore” nel buddhismo è il volere che gli altri siano felici. Questo amore è incondizionato e richiede molto coraggio e accettazione, sia degli altri sia di sé. Il nemico dell’amore vero è qualcosa che può sembrargli simile ma è invece il suo opposto: l’attaccamento, che deriva dall’amore di sé inteso come preoccupazione per il proprio benessere. L’amore nel buddhismo è perciò qualcosa di molto differente da quello che s’intende comunemente in italiano (attaccamento, relazione e sesso), che quasi sempre richiede un certo amor proprio. Nel buddhismo si riferisce al distacco e alla cura del benessere degli altri senza alcun interesse verso sé stessi. Il Bodhisattva ideale nel buddismo Mahayana comporta la completa rinuncia di sé stessi, al fine di assumere l’onere di un mondo sofferente. La più forte delle motivazione, al fine di prendere il sentiero del Bodhisattva è l’idea di salvazione disinteressata, l’amore altruistico per tutti gli esseri senzienti.

TAOISMO

In Cina l’amore si definisce “ai” e l’ideogramma che ne identifica gli aspetti mostra al centro il simbolo del cuore (“xin”), racchiuso nel pittogramma di respiro e circondato dal concetto di “movimento aggraziato”, per esprimere un sentimento che è fonte inesauribile d’ispirazione, che soffia la vita nel cuore e dona grazia e armonia all’intera esistenza. L’amore è, nel taoismo, uno dei Tre Tesori (san zhen), i quali sono delle massime etiche su cui dovrebbe basarsi l’esperienza di ciascuno. Questi tre dettami appaiono principalmente nel sessantasettesimo capitolo del Daodejing (道德經) e vengono definiti come i più begli insegnamenti di Laozi (老子). Arthur Waley, grande esperto di antica cultura cinese, identifica i Tre Tesori con il non essere aggressivi, l’essere sempre semplici e il non essere egocentrici, ma lasciare spazio a tutti di farsi sentire. Una definizione più dettagliata e filologica li fa apparire differentemente come l’essere compassionevoli (misericordiosi, generosi e caritatevoli), l’essere moderati (anche semplici, dunque) o spontanei (umani, sinceri, se stessi), l’essere modesti e non prevaricare gli altri.

Va ricordato che il Taoismo è una religione, una filosofia e una via di vita, istituzionalizzatasi all’incirca nel II secolo avanti Cristo, scaturendo da un movimento di pensiero nato dalla combinazione dell’antica filosofia cinese con le opere spirituali di Laozi, vissuto nel VII secolo a.C. Con 400 milioni di aderenti in Cina, Paese di cui per secoli ha caratterizzato la cultura, il Taoismo è in diffusione oggi anche in Occidente e viene catalogato come una delle principali religioni del mondo. Si tratta di una religione filosofica panteistica, la cui teologia è imperniata sul concetto del Tao (la “Via”), l’essenza prima che costituisce tutte le cose che esistono e il respiro primordiale che supporta la vita stessa. Il taoista dedica la propria vita alla ricerca dell’armonia con la natura, ovvero con il Tao, per poter raggiungere la completezza e l’unione con l’essenza dell’universo. Questa concezione escatologica insegna come fondamentale per la comprensione della vita sia la comprensione del Tao. Una volta che l’essere umano giunge alla consapevolezza di essere una scintilla dell’enorme potenziale di cui l’universo è costituito, egli trova la vera felicità, la realizzazione di se stesso, il vero senso della vita.

Una volta compresa la sua funzione l’uomo può rinnovare la propria esistenza e metterla a disposizione del mondo di cui fa parte, perché sarà divenuto un essere comprensivo, tollerante e in grado di condurre gli altri sulla via della crescita spirituale, sul sentiero da lui già intrapreso. La componente fondante dell’escatologia taoista è la comprensione del concetto di immortalità. Una volta compreso il Tao, l’essere umano può dunque sentirsi immortale e forte al punto giusto da divenire, esempio, guida, modello di vita. Una delle conseguenze dell’illuminazione taoista è l’abbattimento della morte. Compresa la sua immortalità l’essere umano capisce che la morte è in realtà un’illusione, un preconcetto, dato che così come in vita, anche dopo il trapasso ma soprattutto dopo il trapasso egli sarà in pieno allineamento con il Tao. La tradizionale raffigurazione metaforica della beatitudine spirituale sono le Isole Felici, mentre un illuminato taoista è detto xian. Tornando ai tre Tesori, possiamo dire, con più chiarezza, che essi sono compassione, semplicità e pazienza o, secondo altre traduzioni, amore, moderazione, umiltà e sono le virtù che dona la pienezza della vita che conduce verso i cosiddetti Tre Pruri o tre Purità o Purezze (san qing 三清,): le uniche considerati come allegorie delle tre fasi primordiali di manifestazione del Tao.

Secondo la teologia infatti il Tao è uno, ma essendo monistico si manifesta attraverso la produzione della vita e dell’esistenza, che sono molteplici e relative. L’uno si scinde in yin e yang, le forze polari corrispondenti alla seconda fase, la terza fase è invece simboleggiata dai Tre Puri, ovvero il Puro di Giada, Puro Superiore e il Grande Puro. Il Grande Puro, chiamato anche Santità Celeste della Via e della Virtù, è spesso associato a Laozi, il fondatore del Taoismo, rendendo quest’ultimo una sorta di religione rivelata. I Tre Puri sono la rappresentazione essenziale della molteplicità dell’esistenza, nella quale agiscono in perenne alternanza le due forze taoiche: lo yin e lo yang. Il Puro di Giada è permeato di compassione ed amore; quello Superiore da semplicità e moderazione, l’ultimo, infine, da pazienza ed umiltà. Nella visione taoista, semplicità e pazienza vanno di pari passo con la compassione e creano la saggezza nell’essere umano. La semplicità è estremamente importante, in quanto le azioni complesse provocano generalmente confusione, esagerazione e distruzione, sconvolgendo gli equilibri dell’universo poiché importano troppe strutture di tipo yang.

Agire nella semplicità comporta il vivere in modo più armonioso. Più un’azione è semplice più è vera. La pazienza è una chiave nel Taoismo, in quanto consente di placare i desideri frivoli e materiali. Avere pazienza significa anche giungere più facilmente ai propri obiettivi. La compassione è spesso il terzo valore taoista. Amore, è una traduzione alternativa. Secondo il precetto taoista secondo cui tutte le cose derivano dal Tao e ne fanno parte, una persona facendo del bene per gli altri, fa del bene anche a sé stessa, dato che come gli altri, fa parte di un’unica entità, una forza che pervade tutto l’universo. L’amore è quindi una virtù che sublima il corpo, lo trascende e spinge l’uomo verso la compassione, l’umiltà e l’interezza del Tao. Dell’antica parola greca eros le moderne lingue occidentali hanno conservato solo uno dei due significati, quello relativo all’amore corporeo e sessuale. Quando, nel suo Simposio, Platone parla di eros, si riferisce non solo all’attrazione corporea, ma anche a quella forza cosmica che, cercando il bello, riesce a risalire i vari gradi dell’Essere, di cui l’attrazione corporea è solo un primo stadio, un tramite.

Nel taoismo cinese, così come nel buddhismo e nell’induismo, non è presente alcun rifiuto della corporeità. Al contrario, quest’ultima é vista come un veicolo necessario a mettersi in comunicazione con la totalità cosmica. Perciò i sensi non vengono mortificati, bensì guidati a compenetrarsi con lo spirito. Spirito e materia, anima e corpo, non si contrastano, ma cercano di equilibrarsi e di armonizzarsi.

Nelle pratiche tantriche e nello yoga e nella pratiche taoiste è chiaramente presente l’idea che l’uomo sia una totalità inscindibile di materia e spirito che assieme crescono, si compenetrano e si armonizzano. L’amore è quindi sentimento erotico, passione e amicizia, senso di abbandono universale da abbracciare interamente e mai identificare come peccaminoso o vergognoso. Molto distante, quindi, dal concetto di eros del mondo occidentale. Innanzi tutto bisogna ricordare che, nell’occidente anche precristiano, Eros é un demone, ossia un qualcuno o un qualcosa che spinge l’uomo a desiderare non solo dei “corpi”, ma anche la verità. A questo punto si può sostenere che l’idea occidentale ha ucciso l’eros sia dal punto di vista fisiologico che da quello filosofico, perché la stessa filosofia é fondata sull’eros: il filein greco é eros verso sophia, ossia desiderio di sapienza. Non così in oriente, nel buddismo tantrico, nello zen e nel taoismo, ove eros è amore, desiderio controllato ed affinato al punto da non esserne più bramosi. In questo modo non opera una negazione della sessualità, quanto piuttosto una sublimazione della stessa e, in questo senso, l’attività erotica, dispiegata a tutti i livelli, non comporta né la distruzione né lo sbilanciamento, sempre che abbia come fine l’integrazione dell’uomo e la spinta alla fusione autentica verso l’altro.

In questo modo l’arte taoista dell’amore è una via lunga e complessa, che attraverso lo sviluppo interiore, porta alla consapevolezza della materia del corpo come pura energia. Come ha scritto Cesaretti, il cammino non è facile ed è necessario lavorare a lungo e soprattutto liberarsi dai condizionamenti e dalle resistenze di un ego che fa di tutto per impedire che “fare” l’amore diventi “essere” amore.

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Nicola Maria Camerlengo

Tipologie angeliche e demoniache nelle diverse culture religiose

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