BASILICATA / CRACO (MT) / A Craco gli edifici spogli creano quell’immagine sinistra tanto amata dagli spiriti, come lo spettrale torrione chiamato «castello» e le case abbandonate circondate dalla vita rigogliosa di ulivi e cipressi secolari.
La città fantasma di Craco
ARTICOLO / Isabella Dalla Vecchia e Sergio Succu
FOTOGRAFIE / Ivan Cibele
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CATEGORIE
Provincia di Matera
fantasmi / Città fantasma
Italia abbandonata
Matera, conosciuta come il «pianeta dei sassi», è un mondo a sè, dove l’uomo vive ancora dentro l’utero della montagna. Non è un caso infatti che Matera significhi proprio «mater» la madre, Gea, la Terra, che tutto genera e protegge all’interno del suo umido ventre. Ecco perché in questi luoghi sono radicate tradizioni legate agli esseri ctoni della terra, come serpenti e basilischi, abitanti dell’oscurità.
A oggi, la zona antica della città è ormai in parte disabitata, principalmente a causa di difficoltà logistiche – abitare in una grotta non è semplice – ma è ancora vibrante, circondata dai quartieri più moderni, che cercano di imitare nell’architettura le antiche case–sassi.
Non è stato così per Craco, la non lontana città abbandonata, il cui centro storico è ormai deserto, al punto da meritare l’appellativo di ghost town. Abitata fin dall’VIII secolo a.C., porta nel nome la parola Graculum che significa «piccolo campo arato», lo stesso che appare nello stemma. Fu nel passato un luogo scelto dai ribelli per nascondersi, il fatto di essere isolato, difficile da raggiungere e facilmente difendibile, lo rendeva preferibile ad altri nascondigli. Se queste pareti potessero parlare, racconterebbero molte storie, ma ciò che accadde nel 1799, lo ricordiamo anche noi.
Innocenzo De Cesare, capo del movimento rurale, un gruppo di ribelli che con azioni disturbatrici sul territorio contrastavano i feudatari e lo sfruttamento dei più deboli che lavoravano nei campi, si nascose qui. Il loro destino, nonostante i buoni propositi, fu tragico: a Palazzo Carbone i membri del movimento furono trovati e sterminati. In passato, le questioni venivano risolte in modo drastico: i potenti cercavano, trovavano ed eliminavano i dissidenti. Ecco perché si parla di «paese fantasma», non solo per le case vuote, ma anche per la presenza degli spettri dei ribelli che aleggiano attorno a queste pietre. Eppure, anche dopo la strage, la città era ancora abitata.
Fu il 1963 l’inizio di una serie sfortunata di eventi che portò Craco – le sventure sembrano colpire sempre i luoghi sfortunati – a subire un crollo definitivo. Una frana rese il terreno precario, a cui si aggiunse un’alluvione nel 1972 e infine un terremoto nel 1980 che sancì la fine di ogni speranza di ripopolamento. Tuttavia, qualcosa di positivo è emerso: Craco è ufficialmente considerata una delle città fantasma più affascinanti d’Italia.
Perché alcune città diventano fantasma?
Sono moltissime le città disabitate a causa della mancanza di opportunità lavorative e dell’infausta posizione che, negli anni, hanno spinto gli abitanti a migrare verso le metropoli. L’abbandono delle città era così diffuso che perfino la favola de Il pifferaio magico – le favole riflettono spesso la società del tempo – sarebbe stata scritta per riflettere proprio questo fenomeno, che esplose con l’industrializzazione. Il pifferaio, secondo alcuni, potrebbe infatti essere la metafora di un datore di lavoro che attirava giovani lavoratori verso un futuro migliore, fino a svuotare intere città.
Tuttavia le cause dello spopolamento non si limitavano solo a questo, in alcuni casi giocarono un ruolo significativo problemi geologici, terremoti, frane e altri pericoli. In molti casi fu determinante l’esaurimento di una miniera vicina, in altri guerre improvvise, epidemie e malattie, come nel caso di Pripyat, l’invivibile città vicino Chernobyl.
E così le città disabitate, sia per presenze reali, che per semplice suggestione, diventavano i luoghi prediletti per gli spiriti, che trovavano pace e silenzio tra le loro accoglienti mura decadenti. Esattamente come per Craco, dove gli edifici spogli creano quell’immagine sinistra tanto amata dagli spiriti, come lo spettrale torrione chiamato «castello» e le case abbandonate circondate dalla vita rigogliosa di ulivi e cipressi secolari. Il cipresso, sebbene sia verde e vitale, è simbolicamente considerato un albero della morte: come emblema dell’aldilà veniva piantato vicino ai cimiteri perché la sua forma affusolata verso l’alto aiutava le anime a prendere la giusta direzione verso il cielo. Come una freccia, indicava dove andare per evitare che il defunto restasse sulla Terra. Ma i cipressi di Craco sono diversi e anziché il campo santo, costeggiano la strada per lo scalo verso la ferrovia abbandonata.
Una stazione spettrale che rappresenta anch’essa il viaggio dell’oltretomba: questa fermata accoglie un treno fantasma per le anime che aspettano il loro convoglio, per partire con un biglietto di sola andata. C’è poi l’antica taverna chiamata il Canzoniere, la cui leggenda ricorda ancora l’avvenente donna che la gestiva. Si dice che attirasse gli uomini per poi ucciderli e conservarli nella salamoia, servendoli come piatto della casa. Una femme fatale da cui è impossibile fuggire, c’è chi sostiene di averne visto il riflesso in qualche specchio rotto.
Voci e rumori, echi innaturali e urla, sfere di luce dentro le case: Craco è meno disabitata di quanto sembra!
Andando a Craco è dunque possibile accedere in un mondo parallelo?
Innanzitutto occorre comprendere cosa si intenda per «mondo parallelo». Fu Hugh Everett III, uno studente di dottorato presso l’Università di Princeton a proporre l’idea dei mondi paralleli per la prima volta nel 1957 per spiegare e giustificare i paradossi della meccanica quantistica. Uno dei concetti principi infatti, riguarda più stati quantistici che possono esistere contemporaneamente. Ogni volta che avviene una misura o un’interazione che coinvolge uno stato quantistico sovrapposto a un altro, l’universo si «ramifica» in più mondi collegati tra loro. Ciò che accade in un luogo avviene anche nell’altro. E chissà che a Craco, o in altre città fantasma in cui si vedono cose apparentemente impossibili e inesistenti, possa sussistere un universo parallelo in cui la vita è ancora fortemente presente.