LUOGO: Piazzale S. Carlo, Arona (NO) / La Statua della Libertà è italiana. Sì, hai proprio letto bene, è nostra quella vera. Diciamo che l’artista che la ideò, si ispirò proprio nel nostro bel paese, nella terra dei geni.
LA STATUA DELLA LIBERTÀ È MADE IN ITALY!
ARTICOLO / Isabella Dalla Vecchia e Sergio Succu
FOTOGRAFIA / Rosella Donati
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La Statua della Libertà è italiana. Sì, hai proprio letto bene, è nostra quella vera. Diciamo che l’artista che la ideò, si ispirò proprio nel nostro bel paese, nella terra dei geni.
Poco fuori Arona, sulla strada che la collega a Dagnente (NO), c’è un colosso altissimo, immenso. Si trova sul Sacro Monte, da cui emerge come un gigante. C’è chi lo vede come la Statua della Libertà, chi invece come il Cristo Redentore di Rio de Janeiro. Ma non è una donna e tanto meno Gesù. È San Carlo Borromeo, un cardinale e arcivescovo italiano, vissuto nel XVI secolo, considerato tra i massimi riformatori della Chiesa cattolica-romana, caposaldo della Controriforma cattolica, dove aveva un gran da fare, a quei tempi infatti c’era una bella lotta tra gli ordini religiosi, primo tra tutti quello coriaceo dei protestanti. Era il 1610, San Carlo Borromeo era stato da poco canonizzato e il cugino, il cardinale Federico Borromeo, decise di dedicargli un Sacro Monte e una statua. Il monumento, che venne iniziato nel 1614 e terminato nel 1697 su progetto di Giovan Battista Crespi e su esecuzione di Siro Zanella e Bernardo Falconi, forse accentrò un po’ troppo l’attenzione del lavoro, dato che il Sacro Monte non fu mai terminato. Di esso sono rimaste solo tre cappelle, per di più in cattivo stato di conservazione. Ma la cosa non ha importanza, perché basta lui, il «Sancarlone» a non farci desiderare altro. Ed è proprio così che viene chiamato da queste parti, in modo simpatico per le sue notevoli dimensioni: un piedistallo di undici metri di granito e una statua di venti, che nel complesso formano un bel cardinale di quasi trentacinque metri.
Esattamente come la Statua della Libertà di New York, anche questa, essendo cava, può essere percorsa dall’interno fino alla testa. Dapprima si salgono due scale a chiocciola che portano al piedistallo, poi i più coraggiosi possono «entrare nella tunica» per proseguire e giungere, tramite scalette molto ripide alla testa dai cui occhi, naso od orecchie si può osservare il lago e il panorama. Il Sancarlone è antecedente alla Statua della Libertà, ad oggi è la seconda statua in metallo più alta del mondo, un primato rubato proprio dal colosso americano. Dunque perché attraversare l’oceano? Il progettista della Statua della Libertà, Frédéric-Auguste Bartholdi, prima di andare in America, avrebbe soggiornato ad Arona, proprio per studiare nel dettaglio la struttura, portando con sé questa ispirazione e ricordandola con onestà ai piedi della statua americana con una targa, che ne ufficializzerebbe la sua vera origine. Il monumento di San Carlo ha un’anima di pietra, mattoni e ferro, mentre l’esterno è di fogli di rame sagomati e rivettati, simile metodologia e materiale della Statua della Libertà, ma quello che interessò il progettista fu la tecnica del braccio esteso in esterno in atto benedicente, un’attenzione esecutiva più complessa del corpo, per resistere al vento e non rischiare di cadere.
Un’altra donna, molto simile al colosso americano per forma ma non per dimensione, è l’opera conservata nella Basilica di Santa Croce a Firenze dal nome di «Libertà della Poesia». Ma ancor più uguale, quasi un ritratto, è una statua del Duomo di Milano. No, non la Madonnina, ma una delle tante sculture che adornano in esterno la bellissima cattedrale gotica, ovviamente anch’essa antecedente. La riconoscerai, perché è identica a quella americana: ha una corona di raggi a punta in testa e con la mano destra alza una coppa o una fiaccola.
Ma partiamo dal principio, dalla libertà. Chi è «la libertà»? Era una dea dell’antica Roma, chiamata «Libertas» molto cara ai Romani, che si sentivano liberi e padroni del mondo e la inserivano spesso nelle monete. Veniva raffigurata come una matrona romana, vestita di bianco, un aspetto iconografico rimasto nel tempo. In una mano teneva uno scettro e con l’altra un berretto, mentre ai suoi piedi c’era un gatto purtroppo scomparso dall’iconografia (sarebbe stato bello vedere un bel micione, magari di qualche decina di metri, ai piedi della statua americana). Il gatto dopotutto era l’animale migliore per rappresentarla, contrario per antonomasia alla sottomissione. Il Cristianesimo invece punì il concetto di libertà, perché associato al «libero arbitrio», ovvero la possibilità per l’uomo di scegliere se seguire il bene o il male, l’unico momento della vita in cui Dio non ha possibilità di intervenire. Un concetto negativo per i cristiani che lo confrontavano facilmente all’episodio di Adamo ed Eva, che avrebbero «scelto» di mangiare il frutto proibito e di seguire il male. Così il gatto che, per i culti pagani dell’Impero Romano rappresentava la libertà, venne facilmente demonizzato come compagno delle streghe, donne paragonate alle ancelle delle antiche religioni pagane, libere dai dogmi cristiani. Libere, come la statua.
Ma torniamo alla nostra Libertas romana. Aveva un’altra caratteristica simbolica importante, era affiancata da due donne dal nome di Abeona e Adeona, ovvero «l’andare e il venire», ad indicare la possibilità di essere un giorno libero e l’altro prigioniero. A Roma c’erano alcuni templi dedicati a Libertas, uno sull’Aventino e uno sul Palatino.
Abbiamo visto quanto il sancarlone abbia il valore aggiunto dell’ispirazione del sogno americano, eppure preferiamo farti soffermare sulla statua milanese, anche se più modesta e nascosta. C’è chi dice che il progettista sia passato anche di qui, dopotutto Arona non è molto lontana, ma vorremmo che ti concentrassi più sulla cornice, sul panorama di ciò che la circonda che è la City, la Grande Mela, Milano, la cui esplosiva rivalutazione urbanistica con grattacieli innovativi, apprezzati e stimati in tutto il mondo, la fanno tanto somigliare a New York. Basti solo pensare ai palazzi avveniristici di piazza Gae Aulenti o al Bosco Verticale progettato dal Boeri Studio, considerato il grattacielo più bello e rivoluzionario del mondo. Porta Garibaldi ad oggi è il cuore dello skyline di Milano, con le futuristiche Torri Garibaldi, il palazzo della giunta regionale lombarda, la Torre Galfa, la Torre Servizi Tecnici Comunali, il Grattacielo Pirelli, le torri residenziali Solaria, Solea, Aria e la Torre Diamante. Tra tutti spicca l’Unicredit Tower, il grattacielo più alto d’Italia. Camminerai guardando il cielo, le stelle, l’infinito. E ora dimmi, caro viaggiatore a km0, hai ancora voglia (se mai l’hai avuta) di andare a New York?
Questo articolo è tratto dal libro:
IL GIRO DEL MONDO A KM0
di Isabella Dalla Vecchia e Sergio Succu
– libro ufficiale di luoghimisteriosi.it