TOSCANA / MONTERIGGIONI (SI) / A guardarla potrebbe dare l’impressione di essere una sorta di “Gerusalemme celeste” ma viene invece ricordata come città infernale, perché incontrata da Dante nel XXXI° canto dell’Inferno

LA CITTÀ DEL GIRONE DANTESCO E IL FANTASMA DEL TRADITORE


ARTICOLO E FOTOGRAFIE
 / Isabella Dalla Vecchia e Sergio Succu

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Provincia di Siena
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L’area antropizzata fin dall’epoca preromana, divenne a partire del X secolo il baricentro viario della Toscana medievale per la presenza della Via Francigena, principale collegamento tra l’Europa e la penisola, il cui tracciato si relazionava ad una fitta trama di percorsi etruschi e romani che ancora svolgevano la funzione di collegamento con i centri di Volterra, Firenze e Pisa.

È un luogo incantevole e misterioso perché è impossibile restare indifferenti di fronte all’imponenza della cinta muraria alta 20 m e spessa 2, in cima al colle, intatta, inquietante. La rocca scandita da 14 torrioni si estende con una forma ellittica per 500 m. All’interno di Monteriggioni, nel XIV secolo, si contavano un centinaio di abitazioni e circa 150 nuclei familiari di 4-5 unità. Nella Tavola delle Possessioni del 1317 vennero rilevati tutti i beni immobili del castello: con i nomi dei relativi proprietari ma senza indicazioni utili per poterne oggi ricostruire l’ubicazione. Non sappiamo dove fosse la “casa del comune”, che pure è ricordata, né dove abitava il castellano e il suo seguito e dove si custodivano armi, viveri, masserizie. E’ possibile accedervi solo tramite due porte, una diretta a Siena, Porta Romea e l’altra a Firenze.

LA CITTÀ DEL GIRONE DANTESCO

A guardarla potrebbe dare l’impressione di essere una sorta di “Gerusalemme celeste” tanto simile risultano i disegni del passato che descrivono la città dell’Apocalisse. Ma viene invece ricordata come città infernale, perché incontrata da Dante nel XXXI° canto dell’Inferno:
Tra l’ottavo e il nono cerchio – il pozzo dei Giganti – Nembrot, Fialte, Anteo – Dante e Virgilio sono calati da Anteo al nono cerchio

però che come su la cerchia tonda
Montereggion di torri si corona,
42 così la proda che ‘l pozzo circonda
come il castello di “Montereggioni” in Val d’Elsa si corona di ben quattordici torri, così su “monti e regioni” della “cerchia rotonda” che il pianeta Terra racchiude

Effettivamente immaginando il complesso come Dante lo avrebbe incontrato, la sua presenza trasmette più una sensazione oscura che celeste. Chissà cosa potrebbe nascondere con quelle alte e silenziose mura in un ipotetico incontro all’Inferno…

IL FANTASMA DEL TRADITORE

Fra il XII ed il XIII secolo l’area fu interessata dalle continue lotte tra Firenze e Siena per l’affermazione della loro supremazia politica ed economica, fino al definitivo predominio di Firenze nella metà del XIV secolo. I fiorentini lo conquistarono sì, ma dopo anni di faticosissimi assedi nei confronti di una rocca ritenuta inespugnabile. Questo soprattutto perché lungo la cinta vi si trovavano delle “carbonaie”, fossati colmi di carbone che, duranti gli attacchi venivano incendiati. Da sempre Monteriggioni fu un baluardo di difesa dei senesi che, in seguito alle dure battaglie con i fiorentini, trovavano sempre sicuro rifugio al suo interno. L’esercito fiorentino mai riuscì a penetrarvi. Ma il 27 aprile 1526 la rocca cedette per via del tradimento del capitano Zeti che creò una breccia nel sistema difensivo senza la quale ancora oggi Monteriggioni avrebbe detenuto il primato di impenetrabilità. Gli abitanti furono fatti schiavi e condotti a Firenze, da quel giorno la stessa Siena si arrese definitivamente. Il tradimento fu tanto clamoroso che l’anima del capitano ancora oggi si dice che non riesca a riposare in pace. Infatti una leggenda narra che esista un cunicolo segreto che, partendo dal pozzo di Piazza Roma finisca direttamente a Siena, e proprio in questa lunga galleria lo spirito del capitano, logorato da questo imperdonabile tradimento, pare vaghi alla ricerca di una pace che non troverà mai perché eterno prigioniero del rimorso. Gli stessi abitanti affermano che nelle notti di luna piena si oda un trottare di cavalli e di lamenti dello stesso Zeti. Non a caso allora Dante ha saputo vedere questo luogo come un complesso infernale, perché proprio in questa prigione medievale ancora oggi vi abita l’anima maledetta del capitano, condannato forse alla pena peggiore di un traditore forse dal cuore non del tutto corrotto, il rimpianto, forse il perdono che nessuno gli potrà mai concedere, perché le sue urla mai verranno udite al di fuori della fortezza.


il misterioso pozzo

LA CHIESA

La chiesa risale alla fine del XIII secolo e fu sede di una comunità di canonici. Presenta caratteri romano-gotici ed è composta da una sola navata con abside; la facciata, in travertino e molto sobria, è dominata da un portale sormontato da un archivolto a sesto leggermente acuto. Più in alto spicca un occhio con cornice in laterizio, fonte di luce per l’interno assieme alle finestrelle laterali e a un finestrone gotico sulla parete di fondo.

Lungo il borgo è possibile imbattersi in questi interessanti aneddoti sulla vita quotidiana del luogo…
Via primo maggio

Mezzo secolo fa, se avveniva molto raramente, preferendosi da tutti di morire con ragione nel suo letto, di portare un malato allo spedale, si noleggiava a spese del Comune un barrocciaio, tirato da una ciucaccia che appena reggevasi in piedi, e con paglia e con cenci formando una lettiera o con più proprietà di linguaggio un covo da cani, ci si adagiava quel poveretto, che esposto al sole, all’acqua, al vento, al gelo, secondo le stagioni, con un lento cammino da impiegare dalle tre alle sette e più ore, secondo quel disgraziato trovatasi lontano, si finiva nell’ultimo che il meschino con tanti disagi e sofferenze giungeva alle porte dello spedale di Siena più morto che vivo”
Amerigo Veltroni Poveretti 1907

San giovanni evangelista
“Fin dove scorgesi il filaretto ben conservato in lunghezza e altezza di questo caseggiato era l’antica chiesa curata di S. Giovanni Evangelista a Stecchi di costruzione molto anteriore al Castello che era piccolissima, misurando m. 6,60 per m 3,60. Oggi è ridotta a bottega nella quale si accede per lo stesso vano di quando era chiesa. Dai vecchi ho sentito dire che in questa chiesa vi erano quattro stanze, due per parte, che prendevano tutta la lunghezza della medesima. Una era adibita a stanza mortuaria e le altre tre per sacrestia. Tutte e quattro erano pitturate, una da Francesco Vanni, una seconda da Rutilio Manetti, e le altre due dagli scolari dello stesso Manetti, ma tali dipinti sono oggi perduti”. Amerigo Veltroni Poveretti 1907

Piazza della Cisterna
“Negli anni ’60 qui c’era cinque contadini, mezzadri, con le bestie e tutto, che avevano il podere fuori. Poderi grandi. Uno era lì e la stalla era accanto, dove ora c’è il ristorante. In quell’altro ristorante invece c’era la vinaia, dove tenevano il vino. Poi gli altri erano operai agricoli, che andavano a lavorare nelle fattorie della zona. Qui, dove ora c’è l’enoteca c’era il fabbro, famoso, dove venivano a ferrare le bestie. Accanto c’era la posta, e in questo casone c’era la caserma dei carabinieri. Qui poi, in tutta la piazza e in tutto il paese non era come ora, con tutte le pietre: era tutto sterro, dappertutto. In piazza noi ragazzi, il sabato, la domenica, ci si trovava qui per giocare al pallone”.
Amerigo Veltroni Poveretti 1907