TOSCANA / Bosco di Pietramarina – Carmignano (PO) / Lo stano masso toscano che ancora oggi è possibile percorrere salendo le scale fin sulla sua sommità, si chiama “Sasso del diavolo” e si trova circondato dai lecci secolari del bosco di Pietramarina, uno degli ambienti più misteriosi dell’area naturalistica di Montalbano in provincia di Prato

IL MASSO DEL DIAVOLO

Articolo e fotografie / Simona Zaccari / zeldayuza@alice.it

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CATEGORIE

Provincia di Prato
Alberi / lecci
Aldilà / teschio
Animali / ariete – caprone
Antropomorfi
Bene e male / diavolo
 Preistoria / altari / coppelle
scale
impronte
Rituali / rituali pagani

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Lo stano masso toscano che ancora oggi è possibile percorrere salendo le scale fin sulla sua sommità, si chiama “Sasso del diavolo” e si trova circondato dai lecci secolari del bosco di Pietramarina, uno degli ambienti più misteriosi dell’area naturalistica di Montalbano in provincia di Prato. L’area, a 585 metri sul livello del mare e delle dimensioni di un ettaro, è stata nel passato occupata da un insediamento etrusco ed è attualmente in fase di scavo.

E’ stata rilevata infatti sulla parte alta del colle, una cinta muraria realizzata a secco, che in alcuni punti emerge dal manto erboso con lastre e blocchi squadrati, tenuti insieme da piccoli pezzi di pietre e scaglie di arenaria locale inserite ad incastro. Di essa sono visibili alcuni punti nella parte ovest e sud in prossimità del loro impianto sulla rupe rocciosa. L’ingresso si trovava a sud e dava accesso a un ampio spazio occupato da alcuni edifici nella parte più alta del poggio e capanne indicate dalle buche scavate nella roccia che dovevano fungere da impianto.

E’ presente un edificio molto grande orientato approssimativamente sulla linea est-ovest e con strutture perimetrali di 1,20 metri anch’esse  costituite da blocchi molto grandi, mentre nella zona nord di trova una struttura in muratura di età arcaica, crollato in parte e ristrutturato fino ad ottenere un altro edificio di età tardo ellenistica.

Questo insediamento etrusco fu probabilmente un allargamento del centro di Artimino, per controllare la zona occidentale, da qui era infatti possibile controllare l’area che andava da Fiesole ad Artimino fino a Volterra e alla costa tirrenica nelle giornate limpide. Il luogo si chiamava infatti “Pietramarina” proprio perché dalla pietra era possibile quasi toccare e dominare il mare.

Per la sua importanza l’insediamento fu abitato per molto tempo, dal VII al I secolo a.C. Data la longevità dell’area non poteva certo mancare un’importante area sacra, chiamata ad oggi “Sasso del diavolo”, sicuramente nome dato dai cristiani per esorcizzare l’appartenenza pagana. Inoltre su uno degli scalini c’è un segno che assomiglia ad una impronta di capra che nella credenza popolare si riteneva fosse stata lasciata dallo zoccolo di un demone.

L’oscuro nome è frutto dell’ignoranza ma probabilmente anche del senso di timore che il luogo ispirava nel lontano passato; il suggestivo bosco in cui il sasso è racchiuso era sicuramente sacro, un bosco che gli antichi ritenevano abitato da divinità e perciò oggetto di divieti e attenzioni particolari. La suggestione del luogo è fornita dalle piante secolari che costituiscono la lecceta di Pietramarina e dagli interessanti resti archeologici che stanno progressivamente venendo alla luce.

La figura del sasso ricorda molto l’altare piramidale di Bomarzo e sicuramente doveva avere la stessa funzione. Anche qui sono stati scavati dagli etruschi alcuni gradini nella pietra affinché il sacerdote potesse giungere alla sommità e rivolgersi ai fedeli come un predicatore da un pulpito. Inoltre come in quello di Bomarzo è presente un canale di scolo per la raccolta dei liquidi versati durante i sacrifici. Sono presenti alcune coppelle destinate a raccogliere offerte o oli destinati alle celebrazioni e anche qui come per Bomarzo il luogo è elevato. Un confronto che coincide in ogni particolare, a riprova che questo altare è una riproduzione, anche se in piccola parte. Un culto misterioso ma importante ritrovato a molti chilometri di distanza.

Questo sasso ha un’altra misteriosa somiglianza. A sinistra della scalinata è visibile una grande coppella scavata che non poteva avere funzione contenitiva in quanto è obliqua. Questo “buco” dà l’impressione alla roccia di essere un enorme cranio esattamente come la roccia del drago sull’Aspromonte, la quale sembra un teschio stilizzato, anch’esso considerato un mostro spaventoso che terrorizzava gli abitanti delle montagne.

E’ possibile che i sacerdoti etruschi salissero sopra un cranio per officiare i loro rituali? Non è da escludere dato l’oscuro rapporto che avevano con la morte, considerando l’aldilà un luogo abitato da mostri ed esseri spaventosi. Salire sopra un cranio poteva avere l’effetto della vittoria sulla morte in quanto il teschio simbolicamente poteva rappresentarla. Dopotutto Gesù Cristo vince la morte sopra il cranio del Golgota.

Il “Masso del diavolo” era dunque un nome probabilmente non solo dato dai cristiani, ma anche dagli autoctoni che vedevano nella pietra un grande teschio, provocando in loro un senso di profondo timore.
Nulla accade per caso, occorre infatti soffermarsi su ogni particolare, persino quello più assurdo. L’altare di Pietramarina è circondato da un bosco di lecci, alberi simbolicamente legati all’aldilà e al trapasso, basti pensare alle tre parche e al fatto che si coronassero con le sue foglie.

Ovidio narra che le api, simbolo delle anime immortali, amavano posarsi sui lecci, alberi in grado di emettere profezie, perché venivano spesso colpiti dai fulmini, acquisendo l’energia divina del cielo. Alcune leggende narrano che la croce di Cristo sarebbe stata fatta con legno di leccio, perché tutti gli altri alberi si frantumavano in mille pezzi, rifiutando questo enorme peso psicologico. Lecci che proteggono la storia di questo posto, che gli antichi immaginavano fosse abitato da divinità, che gli abitanti successivi hanno sicuramente continuato a considerare sacro. E’ sufficiente salire sul masso e farsi abbracciare dai lecci per comprenderne la profonda energia.